venerdì 11 gennaio 2019

6a - GENI RIVALI: la Roma barocca di Borromini e Bernini


Il Barocco romano può essere riassunto nella “sfida” tra i due massimi architetti dell’epoca: Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) e Francesco Borromini (1599-1667). Furono loro a dare il contributo decisivo alla nuova immagine di Roma, che proprio dal Barocco riceve l’aspetto che maggiormente caratterizza ancora il suo centro storico. Lavorarono insieme a San Pietro e a Palazzo Barberini, ma ben presto la competizione professionale, la diversità di carattere e anche di concezione artistica determinarono una violenta rottura tra i due, che si trasformò in aperta rivalità.
Una delle esperienze che più di ogni altra segnerà la vita artistica, ma non solo, di Francesco Borromini, è l’incontro e lo scontro con la personalità di Gian Lorenzo Bernini. Quanto ricco, famoso e ben introdotto nell’ambiente culturale romano era quest’ultimo, tanto giovane, inesperto e di umili origini era il Borromini. Abbandona Milano e la propria famiglia all’età di quindici anni, per recarsi a Roma presso alcuni parenti, fra i quali l‘architetto Carlo Maderno, dedicandosi all’attività di scalpellino, attività che costituirà per lui un lungo e proficuo tirocinio.
L’incontro Tra Bernini e Borromini avviene nel 1630, in occasione dei lavori necessari per il completamento del Baldacchino di San Pietro. In particolare il loro rapporto professionale è volto alla soluzione del coronamento della parte superiore, fase in cui l’intervento del Borromini è determinante, in quanto il Bernini era già un valentissimo scultore ma ancora incerto architetto.
La realizzazione di quello che può essere considerato il manifesto dell’arte barocca, frutto della convergenza ideale dei due artisti, sarà anche e soprattutto motivo di insanabile contrasto. Il monumento reca la sola firma del Bernini, così come a lui andrà la massima parte del compenso, lasciando al Borromini pochi spiccioli.
Deluso Borromini esclamò: “Non mi dispiace che abbia hauto li denarii, ma mi dispiace che gode l’onor delle mie fatiche”.
Secondo alcune biografie, il Bernini, molto più fortunato, ricco e potente, accortosi dell’eccezionale talento del suo aiutante, ne temeva la concorrenza e l’ascesa. Da qui i continui tentativi di ostacolarne la carriera e di sfruttarne, quasi gratuitamente, le eccezionali capacità tecniche, tenendolo legato con vane promesse. Il Borromini non si lasciò lusingare a lungo dalle promesse del Bernini. Si distaccò ben presto dall’ombra dell’incontrastato dominatore dell’ambiente culturale del tempo, trovando il coraggio e la forza di contrapporsi al suo rivale.
La rivalità artistica fra i due personaggi si protrarrà fino alla morte del Borromini, fra vittorie, sconfitte ed umiliazioni continue, in un’alternanza di gioie e dolori che ne mineranno irrimediabilmente la salute fisica e mentale e che lo porteranno al suicidio.
Il volto di Gian Lorenzo Bernini, quale ci è stato consegnato dall’artista nei suoi numerosi autoritratti, è quello proprio di un temperamento vulcanico. Superbo, conversatore brillante e abilissimo nel coltivare le amicizie più influenti, Bernini sapeva di essere l’artista più grande in Europa e la sua fama correva presso le corti del mondo come quella di Michelangelo. L’interprete del barocco voleva allargare i confini dei sensi e progettare un mondo effimero ed incerto senza limiti per l’immaginazione.
Figlio d’arte e fanciullo prodigio Gian Lorenzo aveva iniziato il suo apprendistato intorno al 1610 accanto al padre Pietro, scultore, allora impegnato nella decorazione della cappella Paolina in Santa Maria Maggiore a Roma. Già dieci anni dopo ne era diventato il padrone, detestato dai colleghi e osannato da papi e principi. Grande virtuoso posseduto dal demone della tecnica, con il suo scalpello, Bernini trasformò il marmo bianco in colore, spirito, vita, restituendo in modo stupefacente non solo l’aspetto fisico e la specificità fisionomica di una persona, ma soprattutto la sua carica vitale e l’individualità. Nel ritratto di Costanza Bonarelli (busto del 1637), la donna furiosamente amata, il Bernini seppe “far carne il marmo”, riuscendo persino a superare la verità della pittura.


CONFRONTO TRA
BERNINI
BORROMINI
1. Fu un “artista universale” (architetto, scultore, pittore, poeta, scenografo e autore di teatro)              2. Gioviale e aperto, ottimista di natura, attento nelle sue opere agli effetti spettacolari, alla scelta di materiali preziosi, e all’unità dell’insieme, fu l’artista prediletto dei papi.                                                     3. Per il Bernini ciò che l’immaginazione concepisce deve diventare subito realtà, ciò può avvenire solo attraverso la tecnica (dell’arte). Per lui la realtà è mistero, morte, nulla; e solo nell’immaginazione c’è la vita.
4. La sua arte si basa sulla tecnica e sull’invenzione; è sicuro di sé ed è convinto di avere il dono della rivelazione divina.
5. Bernini mira alla massima espansione spaziale, sfrutta la luminosità e la prospettiva.
6. Elementi della sua formazione furono: il virtuosismo del tardo manierismo, l’antico, i grandi maestri del ‘500 e il classicismo evocativo del Carracci.
7. Bernini imita perfettamente la natura solo per dimostrare che essa non è nulla che l’uomo non possa rifare. Non la esalta ma ne distrugge il significato.                                            8. A Bernini interessa il naturalismo ellenistico che rappresenta le cose non come sono ma come appaiono; a Bernini interessa questo valore dell’immagine come apparenza, la sua mancanza di un significato reale e la sua possibilità di caricarsi di significati allegorici.
9. Nella scultura rende con virtuosismo le diverse qualità della materia, la levigatezza dei corpi, il carattere frastagliato delle chiome e delle fronde, creando dinamicità tra i corpi; e ottenendo a volte un movimentato contrasto di colori ed effetti luministici e, nell'intreccio di valori plastici e pittorici (fondendo la scultura con l’architettura), esprime la nuova concezione unitaria delle arti, peculiare del barocco.
10. Le fontane, i giochi d'acqua, simbolici della mutevolezza e instabilità della natura e dell'uomo, sono un tema ricorrente nell'arte e nella letteratura barocca.

1. E’ solo architetto.
2. Introverso e introspettivo, più disposto ad una spiritualità intima e riflessiva, attento agli aspetti analitici e tecnici della sua disciplina, attento all’uso dei materiali, meglio se di poco costo, mirava ad effetti percettivi lenti e progressivi, divenendo così l’interprete ideale degli Ordini militanti, come i Trinitari, i Filippini e i Gesuiti.
3. Scontro col Bernini sul piano della tecnica, dello stile e dell’immaginazione, che per lui è: arbitraria eccitazione fantastica senza fondamento nella storia. Essa è ricerca, tensione, rifiuto del mondo e volontà di trascenderlo.
4. Al contrario egli è sempre insicuro e insoddisfatto e prega ma è incerto della salvezza.
5. Invece il Borromini mira alla massima contrazione spaziale, evita le masse, diminuisce la luminosità e sfrutta la prospettiva per ridurre lo spazio.
6. Fu dipendente di Bernini nei lavori a Piazza S. Pietro e a Palazzo Barberini. Discepolo di Carlo Maderno che avendo visto in lui le grandi capacità artistiche lo chiamò a Roma per lavorare nella basilica di S. Pietro
7. Borromini intaglia nervosamente le superfici, spezza le linee e insiste sull’ornato finissimo e capriccioso. Egli evita i materiali nobili: usa quelli poveri (mattone, stucco…) che diventano preziosi con il lavoro dell’artista.
8. Borromini non si preoccupa dell’aspetto rappresentativo, monumentale della città, ma si pone problemi ambientali e  urbanistici. Egli evoca forme arcaiche, classiche, anomali o esotiche.                              9. Per Borromini l’edificio non deve essere né una rappresentazione dello spazio, né la forma allegorica di concetti religiosi o politici: esso è invece un oggetto che l’artista costruisce con quel che di meglio ha in sé. E’ un fatto umano che accade nello spazio; non è la contemplazione dell’universale ma il particolare vissuto con intensità estrema.
10. Egli concepisce la città come luogo della vita in cui l’esperienza religiosa s’intreccia con la quotidianità. Per questo fatto le sue idee architettoniche e urbanistiche ebbero più successo; esse interpretano ed esprimono l’aspirazione spirituale dell’individuo e della comunità.
11.  L'architettura di Borromini è caratterizzata da un costante contrasto di forze, dall'alternanza e contrapposizione di concavità e convessità, di strutture rettilinee e curvilinee, di sporgenze e rientranze  che animano ritmicamente facciate e interni.








opere di G. L. BERNINI
opere di F. BORROMINI

  • “S. Andrea al Quirinale”
  • eredita il cantiere di Palazzo Barberini da Carlo Maderno
  • completo rifacimento della “Chiesa di S. Bibiana”
  • “Cappella Chigi” in S. M. del Popolo
  • “Enea, Anchise e Ascanio fuggitivi da Troia”
  • “Ratto di Proserpina”
  • “Apollo e Dafne”
  •  “David”
  • “Busto di Costanza Bonarelli”
  • “Materasso scolpito per l'Ermafrodito dormiente"
  • San Pietro: “Baldacchino”, “Cattedra”, “Colonnato”
  • “San Pietro”, sistemazione della Piazza e accesso alla Basilica; “Tomba di Alessandro VII”
  • “Palazzo Barberini”
  • “Fontana dei Fiumi” in Piazza Navona 
  • “Fontana del Tritone” in Piazza Barberini 
  • “Fontana Barcaccia” in Piazza di Spagna                        
  • “Fontana delle Api”                   
  • “Estasi di S. Teresa”  
  • “Estasi della beata Ludovica Albertoni"
  • “Cappella della famiglia Chigi in Santa Maria del Popolo”
  • “Obelisco della Minerva” vicino al Pantheon
  • “Angeli” in Ponte Sant’Angelo
  • “Angeli con i simboli della passione” in S. Andrea delle Fratte
  • “Scala Regia in Vaticano”
  • “Salvator Mundi” 

  • coadiuva prima Carlo Maderno poi G.L.Bernini nel cantiere di Palazzo Barberini
  • “San Carlo alle Quattro Fontane”
  • “Galleria prospettica e scale a chiocciola in Palazzo Spada”
  • “Oratorio dei Filippini”
  • “Sant'Ivo alla Sapienza”
  • “Sant’Agnese” in Piazza Navona
  • “Collegio di Propaganda Fide”
  • “Scala elicoidale in Palazzo Barberini”  
  • “Basilica di S. Giovanni ”ristrutturazione e ridefinizione degli spazi lasciando inalterata la struttura della basilica paleocristiana
  • “Altare Maggiore” Chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini
  • “Piedistallo” alla Pietà del Michelangelo
  • “Cupola, tamburo e campanile” S. M. delle Fratte
  • “Campanile” Monte di Pietà

lunedì 26 novembre 2018

4 - ROMA BAROCCA

Nel 1585 papa SISTO V diede corso ad un grandioso piano per la trasformazione e innovazione urbana di Roma.

- già nel 1574 papa Gregorio XIII aveva posto delle norme per la costruzione di nuovi edifici 
  che dovevano essere uniti tra loro, e se separati uniti da muri per dare vita ad uno spazio
  urbano

- Sisto V (Felice Peretti nato da una famiglia di modeste origini) fu uno dei papi più
  importanti del XVI secolo. E ciò non tanto per la sua durata, che fu di appena cinque anni 
  (1585-1590), quanto per lo straordinario impulso che il pontefice seppe dare alla 
  riorganizzazione sociale ed economica dello Stato Pontificio, culminante con un radicale 
  ridisegno in chiave moderna di tutta la struttura urbana di Roma.  
  Promosse la prima consistente bonifica delle paludi pontine, condusse una lotta spietata al
  brigantaggio, impose la coltivazione del gelso per l’allevamento generalizzato dei bachi 
  da seta e revisionò completamente il sistema fiscale, garantendo all’erario pontificio        entrate mai prima raggiunte.

Ma i segni più inconfondibili e innovatori del suo pontificato furono lasciati nella città di Roma e furono punto di partenza per i successivi piani urbanistici di Roma e modello per altre città.

La pianificazione della città, avviata nel Rinascimento, ha i seguenti caratteri:
  . sistemi a TRIDENTE e DISPOSIZIONE A STELLA 
  . unione di preesistenze architettoniche che risultavano nodi isolati
  . Città Capitale come centro di forze che si espandono oltre i confini e quindi progetti di 
    strade urbane che si integrano con le strade extraurbane
 . creazione di CENTRI FOCALI, definiti da assi verticali, obelischi egizianialti 
   edifici (Chiesa o Palazzo), cupolepiazze


Si crea una grande scenografia urbana con la realizzazione di Piazza Navona dove lavorano Francesco Borromini in S. Agnese e Gian Lorenzo Bernini nelle Tre Fontane. Pietro da Cortona (sotto Papa Alessandro VII, nel 1656), progetta e realizza Santa Maria della Pace, una delle creazioni più riuscite dell'architettura barocca. Gian Lorenzo Bernini ridefinisce il grande spazio antistante la Basilica di San Pietro con la realizzazione della Piazza.


Roma secondo il riassetto urbanistico di Sisto V
La città Barocca si irradia (o converge) da edifici monumentali 
collegati da strade dritte e regolari
Sisto V collega con il suo piano le sette basiliche
      1 . Basilica di S. Maria Maggiore                                 11 . Via di S. Giovanni in Laterano
      2 . Basilica di S. Pietro                                                 12 . Colosseo      
      3 . Piazza dell'Esquilino                                               13 . asse dei Fori
      4 . 1° tratto della Strada Felice                                    14 . Via Panisperna
      5 . Chiesa Trinità dei Monti                                          15 . Piazza Venezia
      6 . Piazza S. Maria Maggiore                                      16 . Via XX Settembre                
      7 . 2° tratto della Strada Felice                                           Via del Quirinale
      8 . Basilica di S. Croce in Gerusalemme                     17 . Porta Pia
      9 . Via Merulana                                                          18 . Palazzo Papale del Quirinale
    10 . Basilica di S. Giovanni in Laterano                        19 . Piazza del Popolo
  
    
  
- collaborazione dell’architetto e ingegnere ticinese Domenico Fontana (1543-1607),
  esecutore delle scelte papali,
- riprende e potenzia molti degli interventi già in parte iniziati da alcuni suoi predecessori: 
  . la nuova lastricatura di quasi tutta la città 
  . una più efficiente distribuzione delle acque (accrescendo la portata degli acquedotti
    preesistenti e potenziando le reti fognarie di smaltimento
  . realizzazione dell’Acquedotto Felice (dal nome di battesimo del papa), che si snoda lungo
    un tracciato di circa trenta km e termina con la monumentale Fontana del Mosè, in piazza
    San Bernardo
  . definitiva realizzazione del progetto michelangiolesco per la cupola di San Pietro e  
    costruzione della grandiosa Sala Sistina che il Fontana inserì al centro del cortile
    bramantesco del Belvedere.
  . Sisto V ordina il completamento e il tracciamento ex novo di alcuni grandiosi assi viari 
    rettilinei per collegare fra loro le principali basiliche della città. Nodo centrale dell’intero
    sistema la Basilica di Santa Maria Maggiore (1) per controbilanciare la gigantesca
    Basilica Vaticana (2). Da piazza dell’Esquilino (3) viene tracciato il primo tratto della 
    cosiddetta Strada Felice (4) fino alla Chiesa di Trinità dei Monti (5). Da piazza Santa
    Maria Maggiore (6) si diparte il secondo tratto della Strada Felice (7) fino alla Basilica di 
    Santa Croce in Gerusalemme (8), a ridosso delle mura Aureliane. Dalla piazza antistante
    alla Basilica di Santa Maria Maggiore parte via Merulana (9) che conduce in linea retta  
    alla Basilica di San Giovanni in Laterano (10). Da qui il cosiddetto Stradone, ora via di 
    San Giovanni in Laterano (11) che giunge fino al Colosseo (12) nella faraonica ipotesi,
    poi non realizzata, di prolungarne l’asse attraverso i Fori (13) addirittura fino a giungere
    alla Basilica di San Pietro (2). La stella di strade di  Santa Maria Maggiore conclude con
    la caratteristica via Panisperna (14) che scende ripidamente verso la centralissima piazza
    Venezia (15). Infine, viene aggiunto un altro asse rettilineo sistemando la strada Pia, oggi 
    via XX Settembre e via del Quirinale (16) con la finalità di potenziare il raccordo tra Porta
    Pia (17), l’ingresso Nord-orientale alla città, e il palazzo papale del Quirinale (18).
  . per sottolineare la funzione di scenografici cannocchiali prospettici, unisce 
    simbolicamente luoghi della città anche molto distanti tra loro, facendo erigere ben 
    quattro grandiosi obelischi,  in piazza San Pietro (1586) (2), in piazza
    dell’Esquilino (1587) (3), in piazza San Giovanni in Laterano (1588) (10) e in piazza del
    Popolo (1589) (19). Lo svettare di questi colossi di pietra assume il duplice significato
    urbanistico di straordinaria emergenza monumentale e religioso di trionfo della
    Controriforma su uno dei simboli più classici della paganità.




giovedì 18 maggio 2017

19 - I Macchiaioli

Nella prima metà dell'ottocento, Firenze è una delle capitali culturali più attive d'Italia e punto di riferimento per i giovani artisti che si sentivano perseguitati dalla repressione austriaca, borbonica e papale.
Il loro punto di incontro e scambio vivace era il Caffè Michelangelo, in questo ambiente si iniziò a teorizzare la macchia in opposizione alla forma.

Macchiaioli venivano appellati in senso dispregiativo questo gruppo di intellettuali ed essi stessi in modo provocatorio così si identificarono. 

Lo sviluppo del movimento macchiaiolo si colloca tra il 1855 e il 1867, ma i suoi influssi continueranno fino ai primi del '900.

- la "macchia" è intesa come rivolta all'accademico
- volontà di ripristinare il senso del vero
- poiché tutte le nostre percezioni avvengono grazie alla luce, ogni pittura che mira al 
  realismo deve necessariamente riprodurre la sensazione stessa della luce
- poiché la luce viene restituita grazie alla modulazione di colore e ombre, questi devono 
  essere impiegati in tutte le loro declinazioni 
- visto che nella realtà non esistono né contorni, né linee, il nostro occhio è colpito dal solo 
  colore e il contorno di un oggetto è dato dal brusco passaggio da un colore all'altro

La pittura deve cercare di costruire la realtà per masse di colore ed il modo più naturale per riuscirci è quello di impiegare , appunto, le macchie.
Il disegno scompare.
L'innovazione della tecnica pittorica coinvolge anche la scelta dei temi e soggetti da dipingere.
Si abbandonano i soggetti di natura storica e mitologica, ci si rivolge al vero così come appare all'osservazione del quotidiano, e ne nasce quindi un interesse per i temi sociali.

Giovanni Fattori fu il maggior pittore italiano dell'ottocento, nasce a Livorno nel 1825, partecipa ai moti del '48, frequenta il Caffè Michelangelo ed avvia la sua "guerra" all'arte classica e accademica.
Aderisce spontaneamente alla "macchia" che utilizza per indagare il "puro verismo" e perseguire studi su paesaggio e animali.
i suoi temi preferiti sono la vita militare e il lavoro dell'uomo, soprattutto i contadini e la loro fatica. 

Campo italiano alla battaglia di Magenta, 1861-1862
olio su tela, 232x348 cm
Firenze, Galleria d'Arte Moderna


Soldati francesi del '59, 1859
olio su tela, 15,5x32 cm
Milano, collezione privata

In vedetta, ca 1872
olio su tela, 37x56 cm
Valdagno, collezione privata

Barrocci romani, 1872-73 
tempera su tela, 21×31 cm 
Galleria d'Arte Moderna, Firenze

Terreni paludosi 1894
olio su tela, 74×204 cm
Firenze, Palazzo Pitti

Bovi al carro, 1868-1870
olio su tela, 40x104 cm
Firenze, Galleria d'Arte Moderna






giovedì 20 aprile 2017

18 - Il ROMANTICISMO

Il romanticismo si afferma in Europa intorno al 1830, presentandosi con caratteristiche diverse da nazione a nazione.
Rivaluta la passione, l'irrazionalità e il sentimento che erano stati messi da parte in favore della razionalità nel periodo neoclassico.

Mentre il neoclassicismo si rifà all'Arte Classica, il romanticismo si rifà al Medioevo che considerato fino ad allora un secolo buio e decadente.
Le motivazioni principali sono fondamentalmente tre:
1. il Medioevo è stato un periodo mistico e religioso
2. nel Medioevo si sono formate le nazioni europee
3. nel Medioevo il lavoro era soprattutto artigianale

I contenuti della poetica romantica sono sintetizzabili in quattro grandi categorie:
1. l’armonia dell’uomo nella natura
2. il sentimento della religione
3. la rivalutazione dei caratteri nazionali dei popoli
4. il riferimento alle storie del medioevo

Ogni paese in cui si manifestarono i lineamenti del Romanticismo, sviluppò a sua volta, delle varianti autonome ed individuali: ad esempio, il Romanticismo in Italia aveva delle caratteristiche fondamentalmente diverse da quello francese, inglese e tedesco.

Non esisteva (e non nacque mai), un vero e proprio manifesto dell’arte romantica, ed infatti, le caratteristiche romantiche dell’arte vennero rintracciate dai vari studiosi attraverso accurate analisi di comuni elementi, e di conseguenza, non vennero enunciate dagli stessi artisti nei loro quadri romanticismo.

Secondo le idee romantiche, o meglio, secondo la concezione generale del Romanticismo, la natura era il motore principale della realtà, in grado di fornire immagini all’uomo, le quali che portano a due importanti sentimenti: 
il pittoresco ed il sublime.

Per sublime si intende un sentimento che nasceva dalla paura e dal terrore generati dall’infinito e dalla sconfinata grandezza del creato rispetto all’uomo.

Con pittoresco si indica il rifiuto della precisione pittorica che, portò successivamente, all’esaltazione dell’istintività e dello sviluppo irregolare e privo di logica tipico della natura.

Oltre a queste due caratteristiche, c’era un altro elemento ridondante nel mondo romantico: la rovina. Le rovine trasmettevano allo spettatore la sensazione dello scorrere del tempo e rappresentavano un segno tangibile delle civiltà del passato, e, nello stesso tempo, della potenza distruttiva del tempo sulle creazioni dell’uomo; per i romantici, le rovine risultavano essere molto più interessanti ed emozionanti di un edificio conservato perfettamente nel corso dei secoli.



PRINCIPALI ARTISTI ROMANTICI

In Inghilterra, uno dei più famosi pittori romantici fu senza dubbio William Turner, il quale, nella sua carriera, realizzò innumerevoli dipinti, dove la forza della natura e la sua potenza distruttiva erano protagonisti indiscussi.

L'incendio delle camere dei Lord e dei Comuni, 1835
olio su tela cm. 92,50x123
Cleveland museum of Art




Altro importante artista romantico inglese fu John Constable, divenuto celebre per aver dipinto tanti paesaggi fantastici ed ispirati alla campagna inglese; egli fu sempre attento alla costante trasformazione del panorama, basata sulle variazioni atmosferiche, preannunciando quella che sarà, successivamente, una caratteristica fondamentale dell'impressionismo.
Studio di nuvole, ca 1822 
Yale Center for British Art 


La cattedrale di Salisbury vista dai terreni del vescovo, 1823
olio su tela, 87,6 × 111,8 cm
Victoria and Albert Museum, Londra



Caspar David Friederich fu il più importante artista romantico tedesco, il quale, nelle proprie opere, mostrò la sconfinata grandezza della natura, davanti alla quale, l’uomo non era che un punto minuscolo. I lavori che riassumono perfettamente le caratteristiche del suo stile furono: 


 Viandante sul mare di nebbia, 1818
olio su tela, cm. 98,40x74,80
Amburgo, Hamburger Kunsthalle


Il mare di ghiaccio, 1823-1824
olio su tela, cm. 98x128
Amburgo, Hamburgher Kunsthalle




Nel mondo del romanticismo francese, Eugène Delacroix diede un contributo fondamentale, ponendo l’accento sull’importanza sul concetto della nazionalità francese, dipingendo delle opere inerenti a fatti della sua realtà: il quadro più importante di questo artista fu:

 La Libertà che guida il popolo, 1830
olio su tela, cm 260x325
Parigi, Museo del Louvre




In Italia, l’artista romantico più importante fu Francesco Hayez, che realizzò delle opere che fanno parte del “Romanticismo storico”, con dei soggetti propri di un periodo precedente al suo. Il capolavoro che lo ha reso celebre è: 
Il bacio, 1859
olio su tela, cm 112x88
Milano, Pinacoteca di Brera