Il dipinto, conservato nella Galleria nazionale di arte antica di Roma, fu commissionato dal banchiere Ottavio Costa. In questo quadro Caravaggio rappresenta l'episodio biblico della decapitazione del tiranno, condottiero assiro, Oloferne da parte della vedova ebrea Giuditta, che voleva salvare il proprio popolo dalla dominazione straniera.
Giuditta è raffigurata intenta a decapitare Oloferne con una scimitarra, mentre alla scena assiste una vecchia serva che sorregge con le mani il drappo contenente il cesto nel quale va conservata la testa.
Rappresentato come uno scatto fotografico nell'istante in cui Giuditta ha appena colpito Oloferne, e la testa non è ancora completamente staccata. I volti hanno le espressioni sigillate proprio in quel momento. Una smorfia di orrore segna il volto di Oloferne.
Molto più alto qualitativamente il volto di Giuditta: il profilo è bellissimo e ancora più nel contrasto con il volto rugoso della vecchia assistente, è modellato dal sapiente equilibrio tra luci ed ombre, risulta una sintesi di acutissime indagini psicologiche e risulta una giovane con una estrema consapevolezza e decisione.
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