venerdì 11 gennaio 2019

6a - GENI RIVALI: la Roma barocca di Borromini e Bernini


Il Barocco romano può essere riassunto nella “sfida” tra i due massimi architetti dell’epoca: Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) e Francesco Borromini (1599-1667). Furono loro a dare il contributo decisivo alla nuova immagine di Roma, che proprio dal Barocco riceve l’aspetto che maggiormente caratterizza ancora il suo centro storico. Lavorarono insieme a San Pietro e a Palazzo Barberini, ma ben presto la competizione professionale, la diversità di carattere e anche di concezione artistica determinarono una violenta rottura tra i due, che si trasformò in aperta rivalità.
Una delle esperienze che più di ogni altra segnerà la vita artistica, ma non solo, di Francesco Borromini, è l’incontro e lo scontro con la personalità di Gian Lorenzo Bernini. Quanto ricco, famoso e ben introdotto nell’ambiente culturale romano era quest’ultimo, tanto giovane, inesperto e di umili origini era il Borromini. Abbandona Milano e la propria famiglia all’età di quindici anni, per recarsi a Roma presso alcuni parenti, fra i quali l‘architetto Carlo Maderno, dedicandosi all’attività di scalpellino, attività che costituirà per lui un lungo e proficuo tirocinio.
L’incontro Tra Bernini e Borromini avviene nel 1630, in occasione dei lavori necessari per il completamento del Baldacchino di San Pietro. In particolare il loro rapporto professionale è volto alla soluzione del coronamento della parte superiore, fase in cui l’intervento del Borromini è determinante, in quanto il Bernini era già un valentissimo scultore ma ancora incerto architetto.
La realizzazione di quello che può essere considerato il manifesto dell’arte barocca, frutto della convergenza ideale dei due artisti, sarà anche e soprattutto motivo di insanabile contrasto. Il monumento reca la sola firma del Bernini, così come a lui andrà la massima parte del compenso, lasciando al Borromini pochi spiccioli.
Deluso Borromini esclamò: “Non mi dispiace che abbia hauto li denarii, ma mi dispiace che gode l’onor delle mie fatiche”.
Secondo alcune biografie, il Bernini, molto più fortunato, ricco e potente, accortosi dell’eccezionale talento del suo aiutante, ne temeva la concorrenza e l’ascesa. Da qui i continui tentativi di ostacolarne la carriera e di sfruttarne, quasi gratuitamente, le eccezionali capacità tecniche, tenendolo legato con vane promesse. Il Borromini non si lasciò lusingare a lungo dalle promesse del Bernini. Si distaccò ben presto dall’ombra dell’incontrastato dominatore dell’ambiente culturale del tempo, trovando il coraggio e la forza di contrapporsi al suo rivale.
La rivalità artistica fra i due personaggi si protrarrà fino alla morte del Borromini, fra vittorie, sconfitte ed umiliazioni continue, in un’alternanza di gioie e dolori che ne mineranno irrimediabilmente la salute fisica e mentale e che lo porteranno al suicidio.
Il volto di Gian Lorenzo Bernini, quale ci è stato consegnato dall’artista nei suoi numerosi autoritratti, è quello proprio di un temperamento vulcanico. Superbo, conversatore brillante e abilissimo nel coltivare le amicizie più influenti, Bernini sapeva di essere l’artista più grande in Europa e la sua fama correva presso le corti del mondo come quella di Michelangelo. L’interprete del barocco voleva allargare i confini dei sensi e progettare un mondo effimero ed incerto senza limiti per l’immaginazione.
Figlio d’arte e fanciullo prodigio Gian Lorenzo aveva iniziato il suo apprendistato intorno al 1610 accanto al padre Pietro, scultore, allora impegnato nella decorazione della cappella Paolina in Santa Maria Maggiore a Roma. Già dieci anni dopo ne era diventato il padrone, detestato dai colleghi e osannato da papi e principi. Grande virtuoso posseduto dal demone della tecnica, con il suo scalpello, Bernini trasformò il marmo bianco in colore, spirito, vita, restituendo in modo stupefacente non solo l’aspetto fisico e la specificità fisionomica di una persona, ma soprattutto la sua carica vitale e l’individualità. Nel ritratto di Costanza Bonarelli (busto del 1637), la donna furiosamente amata, il Bernini seppe “far carne il marmo”, riuscendo persino a superare la verità della pittura.


CONFRONTO TRA
BERNINI
BORROMINI
1. Fu un “artista universale” (architetto, scultore, pittore, poeta, scenografo e autore di teatro)              2. Gioviale e aperto, ottimista di natura, attento nelle sue opere agli effetti spettacolari, alla scelta di materiali preziosi, e all’unità dell’insieme, fu l’artista prediletto dei papi.                                                     3. Per il Bernini ciò che l’immaginazione concepisce deve diventare subito realtà, ciò può avvenire solo attraverso la tecnica (dell’arte). Per lui la realtà è mistero, morte, nulla; e solo nell’immaginazione c’è la vita.
4. La sua arte si basa sulla tecnica e sull’invenzione; è sicuro di sé ed è convinto di avere il dono della rivelazione divina.
5. Bernini mira alla massima espansione spaziale, sfrutta la luminosità e la prospettiva.
6. Elementi della sua formazione furono: il virtuosismo del tardo manierismo, l’antico, i grandi maestri del ‘500 e il classicismo evocativo del Carracci.
7. Bernini imita perfettamente la natura solo per dimostrare che essa non è nulla che l’uomo non possa rifare. Non la esalta ma ne distrugge il significato.                                            8. A Bernini interessa il naturalismo ellenistico che rappresenta le cose non come sono ma come appaiono; a Bernini interessa questo valore dell’immagine come apparenza, la sua mancanza di un significato reale e la sua possibilità di caricarsi di significati allegorici.
9. Nella scultura rende con virtuosismo le diverse qualità della materia, la levigatezza dei corpi, il carattere frastagliato delle chiome e delle fronde, creando dinamicità tra i corpi; e ottenendo a volte un movimentato contrasto di colori ed effetti luministici e, nell'intreccio di valori plastici e pittorici (fondendo la scultura con l’architettura), esprime la nuova concezione unitaria delle arti, peculiare del barocco.
10. Le fontane, i giochi d'acqua, simbolici della mutevolezza e instabilità della natura e dell'uomo, sono un tema ricorrente nell'arte e nella letteratura barocca.

1. E’ solo architetto.
2. Introverso e introspettivo, più disposto ad una spiritualità intima e riflessiva, attento agli aspetti analitici e tecnici della sua disciplina, attento all’uso dei materiali, meglio se di poco costo, mirava ad effetti percettivi lenti e progressivi, divenendo così l’interprete ideale degli Ordini militanti, come i Trinitari, i Filippini e i Gesuiti.
3. Scontro col Bernini sul piano della tecnica, dello stile e dell’immaginazione, che per lui è: arbitraria eccitazione fantastica senza fondamento nella storia. Essa è ricerca, tensione, rifiuto del mondo e volontà di trascenderlo.
4. Al contrario egli è sempre insicuro e insoddisfatto e prega ma è incerto della salvezza.
5. Invece il Borromini mira alla massima contrazione spaziale, evita le masse, diminuisce la luminosità e sfrutta la prospettiva per ridurre lo spazio.
6. Fu dipendente di Bernini nei lavori a Piazza S. Pietro e a Palazzo Barberini. Discepolo di Carlo Maderno che avendo visto in lui le grandi capacità artistiche lo chiamò a Roma per lavorare nella basilica di S. Pietro
7. Borromini intaglia nervosamente le superfici, spezza le linee e insiste sull’ornato finissimo e capriccioso. Egli evita i materiali nobili: usa quelli poveri (mattone, stucco…) che diventano preziosi con il lavoro dell’artista.
8. Borromini non si preoccupa dell’aspetto rappresentativo, monumentale della città, ma si pone problemi ambientali e  urbanistici. Egli evoca forme arcaiche, classiche, anomali o esotiche.                              9. Per Borromini l’edificio non deve essere né una rappresentazione dello spazio, né la forma allegorica di concetti religiosi o politici: esso è invece un oggetto che l’artista costruisce con quel che di meglio ha in sé. E’ un fatto umano che accade nello spazio; non è la contemplazione dell’universale ma il particolare vissuto con intensità estrema.
10. Egli concepisce la città come luogo della vita in cui l’esperienza religiosa s’intreccia con la quotidianità. Per questo fatto le sue idee architettoniche e urbanistiche ebbero più successo; esse interpretano ed esprimono l’aspirazione spirituale dell’individuo e della comunità.
11.  L'architettura di Borromini è caratterizzata da un costante contrasto di forze, dall'alternanza e contrapposizione di concavità e convessità, di strutture rettilinee e curvilinee, di sporgenze e rientranze  che animano ritmicamente facciate e interni.








opere di G. L. BERNINI
opere di F. BORROMINI

  • “S. Andrea al Quirinale”
  • eredita il cantiere di Palazzo Barberini da Carlo Maderno
  • completo rifacimento della “Chiesa di S. Bibiana”
  • “Cappella Chigi” in S. M. del Popolo
  • “Enea, Anchise e Ascanio fuggitivi da Troia”
  • “Ratto di Proserpina”
  • “Apollo e Dafne”
  •  “David”
  • “Busto di Costanza Bonarelli”
  • “Materasso scolpito per l'Ermafrodito dormiente"
  • San Pietro: “Baldacchino”, “Cattedra”, “Colonnato”
  • “San Pietro”, sistemazione della Piazza e accesso alla Basilica; “Tomba di Alessandro VII”
  • “Palazzo Barberini”
  • “Fontana dei Fiumi” in Piazza Navona 
  • “Fontana del Tritone” in Piazza Barberini 
  • “Fontana Barcaccia” in Piazza di Spagna                        
  • “Fontana delle Api”                   
  • “Estasi di S. Teresa”  
  • “Estasi della beata Ludovica Albertoni"
  • “Cappella della famiglia Chigi in Santa Maria del Popolo”
  • “Obelisco della Minerva” vicino al Pantheon
  • “Angeli” in Ponte Sant’Angelo
  • “Angeli con i simboli della passione” in S. Andrea delle Fratte
  • “Scala Regia in Vaticano”
  • “Salvator Mundi” 

  • coadiuva prima Carlo Maderno poi G.L.Bernini nel cantiere di Palazzo Barberini
  • “San Carlo alle Quattro Fontane”
  • “Galleria prospettica e scale a chiocciola in Palazzo Spada”
  • “Oratorio dei Filippini”
  • “Sant'Ivo alla Sapienza”
  • “Sant’Agnese” in Piazza Navona
  • “Collegio di Propaganda Fide”
  • “Scala elicoidale in Palazzo Barberini”  
  • “Basilica di S. Giovanni ”ristrutturazione e ridefinizione degli spazi lasciando inalterata la struttura della basilica paleocristiana
  • “Altare Maggiore” Chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini
  • “Piedistallo” alla Pietà del Michelangelo
  • “Cupola, tamburo e campanile” S. M. delle Fratte
  • “Campanile” Monte di Pietà

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